Disturbi ossessivi
Una conversazione dove la vita sta dalla parte del male
La semantica della bontà con la sua contrapposizione fra bene e male è, secondo Valeria Ugazio (1998;2012), al centro della dinamica emotiva delle famiglie in cui si sviluppano le organizzazioni ossessive. Di conseguenza
“ I membri di queste famiglie si sentiranno , e saranno considerati, buoni, puri, responsabili o, al contrario, cattivi, egoisti, immorali. Incontreranno persone che li salveranno, li eleveranno, o, al contrario, che li inizieranno al vizio, li indurranno a comportamenti di cui potranno poi sentirsi colpevoli. Sposeranno persone capaci di abnegazione, innocenti, pure o, invece, crudeli, egoiste che approfitteranno di loro. I loro figli saranno buoni, puri, casti o, al contrario, sfrenati nell’espressione dei loro desideri, violenti nell’affermazione di se stessi e della propria sessualità. Alcuni di essi soffriranno per l’egoismo, e a volte per la malvagità degli altri o per l’intrinseca cattiveria dei propri impulsi. Altri saranno orgogliosi della propria purezza e superiorità morale. E alcuni si sentiranno appagati dalla soddisfazione dei propri impulsi” (Ugazio, 2012,p.163).
La contrapposizione fra bene e male che ritroviamo qui è opposta a quella agostiniana e tomistica e conferisce una certa drammacità alla dinamica di queste famiglie : non è il male ad essere privazione di bene, al contrario è il bene a essere assenza di male. Buono è chi rinuncia all’espressione dei propri desideri e alla difesa dei propri interessi, chi si sacrifica, chi si allontana dalla dinamica «pulsionale», e non chi è disponibile, accogliente, garbato e generoso verso gli altri. Cattivo è chi esprime la propria sessualità e le proprie «pulsioni» aggressive, ma anche chi afferma se stesso, agisce per il riconoscimento delle proprie capacità e dei propri meriti . Vita e morte si intrecciano infatti con la polarità critica e la vita sta dalla parte del male
C’è sempre un pathos tragico in queste famiglie ?
C’è quando questa polarità domina la conversazione da diverse generazioni. In questi casi ci sarà chi nella famiglia chi ha dato prova di particolare abnegazione tanto da sembrare un asceta e chi ha espresso i propri impulsi in modo così egoista da essere considerato malvagio. Dove invece la semantica della bontà è diventata centrale da pochi anni difficilmente ritroviamo persone cattive, animati da una deliberata volontà di fare il male, o il cui egoismo rasenta la crudeltà . Così come non incontreremo persone buone, sacrificali, sempre disposte a rinunciare ai propri interessi e desideri tanto da sembrarne prive. Cionondimeno possiamo avere uno sviluppo di un disturbo ossessivo in un membro del gruppo (spesso giovane) per il quale la semantica della bontà, da poco entrata nella conversazione della famiglia, diventa centrale. E’ Il caso di Natascia, la ragazzina undicenne di cui Valeria Ugazio (2012,pp.203-213) analizza l’esordio ossessivo.
Una parte buona e una cattiva che non riescono a “con-porsi”
La centralità che la semantica della bontà assume nella conversazione familiare non è certo sufficiente a spiegare il disturbo ossessivo. Nelle famiglie dove si sviluppano persone con organizzazione ossessiva tutti si compongono entro questa semantica, alcuni si collocano nel polo bontà, purezza, mentre altri costruiscono la propria posizione nel polo cattiveria, egoismo senza per questo sviluppare disagi o sintomi specifici. E’ la posizione del soggetto con organizzazione ossessiva nella semantica della bontà a svolgere un ruolo di rilievo nello sviluppo della psicopatologia. Per le persone con organizzazione ossessiva è invece difficile sia sentirsi buono, puro, sia essere egoista, o peggio cattivo malvagio. Di regola le persone con organizzazione ossessiva vorrebbero sentirsi buoni, puri, “puliti”. Spesso non ci riescono. Non appena entrano nella vita finiscono per comportarsi, per lo meno ai loro occhi, in modo “cattivo”, detto con altre parole, stando in rapporto con gli altri, realizzando i propri progetti, emergono aspetti, parti di sé che rifiutano, che sentono come estranee e minaccianti.
La Griglia della Semantica della Bontà (la griglia più dettagliata è contenuta in Ugazio et al., 2009).
VALORI |
|
BENE (ASTINENTE) |
MALE |
CASTITÀ |
VIZIO |
ABNEGAZIONE DI SÉ |
AFFERMAZIONE DI SÉ |
SANTITÀ |
EMPIETÀ |
DEFINIZIONI DI SÉ/ALTRI/RELAZIONI |
|
BUONO (ASTINENTE) |
CATTIVO |
RETTO |
IMMORALE |
INNOCENTE |
COLPEVOLE |
MORTO |
VIVO |
MOVIMENTI RELAZIONALI |
|
ASTENERSI |
INFETTARE |
SACRIFICARSI |
APPROFITTARE |
REDIMERE |
CORROMPERE |
CONDANNARE |
ASSOLVERE |
EMOZIONI E SENSAZIONI |
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INNOCENZA |
COLPA |
DISGUSTO |
GODIMENTO |
Il loro sé si spacca, e accanto ad una parte buona, in cui si riconoscono e sono riconosciuti dagli altri, emerge una parte “cattiva” che vivono come egodistonica, distante cioè dalla loro biografia e dai loro valori ma non di meno capace di guidare il loro comportamento. Per questo tendono a fare un passo indietro rispetto alla vita.
La vita diventa per gli ossessivi una storia proibita?
Sì, se con la parola vita intendiamo il coinvolgimento emotivo con gli altri, ma anche la partecipazione a progetti, iniziative finalizzate alla propria affermazione personale. Tuttavia per le persone con organizzazione ossessiva la vita è anche tremendamente ambita. Quando se ne allontanano troppo, per evitare di essere “infettati” dagli altri o di danneggiare gli altri con i loro comportamenti, possono sentirsi sopraffatti da una mortificazione e avvilimento che può trasformarsi in una vera e propria depressione clinica. le persone con disturbo ossessivo e le loro famiglie non si rivolgono allo psicoterapeuta solo per ossessioni, compulsioni o perché preda di dubbi così pressanti da renderli incapaci di prendere decisioni. Spesso richiedono l’intervento terapeutico per stati depressivi che faticano a risolversi.
Ma perché coinvolgersi con gli altri, affermare la propria personalità può diventare fonte di così acute sofferenze? Come mai molti delle persone con organizzazione ossessiva si sentono come il dott. Jekyll e mr Hide? Perché si forma in loro quella scissione riconosciuta concordemente da tutti gli psicologi clinici? Che cosa impedisce loro di abbracciare la via dell’ascesi come altri nelle loro famiglie fanno senza per questo sentirsi avviliti o peggio depressi? Perché non possono neppure essere “cattivi”, manifestare aggressività ed egoismo come alcuni dei loro famigliari fanno senza per questo provare angoscia o paura?
Valeria Ugazio risponde a questi interrogativi ricostruendo la posizione del soggetto ossessivo nella famiglia di origine e gli assetti di vita successivi in
STORIE PERMESSE STORIE PROIBITE
POLARITA' SEMANTICHE FAMILIARI E PSICOPATOLOGIE
di Valeria Ugazio
4° capitolo (pp.162-217)
Torino: Bollati Boringhieri, 2012
Esistono ricerche empiriche che confermano il modello?
Valeria Ugazio con Attà Negri e Lisa Fellin hanno verificato empiricamente, applicando a 120 sedute psicoterapeutiche, uno strumento appositamente costruito – The Family Semantic Grid - la presenza della semantica della bontà nella conversazione terapeutiche con persone con disturbi ossessivi . Per ora sono stati pubblicati questi articoli:
- Ugazio, V., Negri, A., & Fellin, L. (2011). Significato e psicopatologia la semantica dei disturbi fobici, ossessivi, alimentari e depressivi. Quaderni di Psicologia Clinica, 2 (pp.69-100). Bergamo: Bergamo University Press.
Come saperne di più della semantica ossessiva attraverso un’esperienza di godimento estetico?
Leggendo Schopenhauer! Nella sua opera maggiore Il mondo come volontà e rappresentazione esprime e porta alle estreme conseguenze l’idea di bontà astinente al centro della semantica delle famiglie in cui si sviluppano i disturbi ossessivi. E’ tra l’altro una un rarissimo esempio di opera filosofica scritta benissimo. Leggerla è un piacere a dispetto dei contenuti quanto mai tetri.
Contenuto e forma sono in aperto conflitto! Per Schopenhauer il mondo è la volontà insaziabile di vivere, è il crudele, egoistico, cieco e irresistibile impeto che pervade e agita tutto l’universo. La voluntas, cioè la volontà di vivere che pervade e agita tutto l’universo, è assimilata al male. Per fronteggiarla bisogna mettere in campo dalla noluntas con al suo centro l’ascesi che Schopenhauer assimila a una volontaria mortificazione dei piaceri e a una ricerca delle sofferenze.
Schopenhauer ha avuto una grande influenza su Freud, e grazie a questa influenza l’idea di bontà astinente è entrata anche nella psicoanalisi e più in generale nella psicologia. Il fatto che la psicoanalisi classica condivida con i pazienti ossessivi quell’idea di bontà astinente che gioca un ruolo fondamentale nel dilemma degli ossessivi spiega le difficolta che la psicoanalisi classica ha avuto nella cura degli ossessivi? Valeria Ugazio ne discute in Storie permesse e storie proibite.
Leggete anche:
-
Parks, T. (1995). Lingue di fuoco. Milano: Adelphi
In questo romanzo bontà astinente e cattiveria si fronteggiano inesorabilmente nella famiglia di un pastore protestante con tre figli che faticano a trovare la loro strada.