Mano_rossa Ermeneutica triadica

PERCHE’ MI COMPORTO COSI’? RACCONTARE UN’ALTRA STORIA  CAMBIANDO LE CAUSE E LE RAGIONI

Uno dei programmi a cui ci stiamo dedicando riguarda il ruolo del modo di spiegare gli eventi delle psicoterapie sistemiche sul cambiamento terapeutico.

Un'affascinante ipotesi in cerca di una verifica empirica 

Tutti  modelli psicoterapeutici devono elaborare strategie, modalità di intervento, soluzioni che aiutino il paziente a raccontare un’altra storia. Non è possibile cambiare la nostra esperienza passata. Ciò che invece possiamo e dobbiamo   modificare è come ci raccontiamo il nostro passato.  Costruire nuovi resoconti, aprire nuovi punti di vista  che le “narrative dominanti” oscurano aiuta a superare i problemi. 

 Ma come è possibile costruire una diversa percezione, anche emotiva, degli eventi della propria vita e del proprio passato?

Le psicoterapie sistemico-relazionali hanno offerto a questa domanda una risposta originale riassumibile nella scoperta  dell’ ermeneutica sistemica   o se volete del pensiero sistemico. Questa scoprta può essere assimilata all'individuazione di un nuovo campo di inferenza fondato sulla contestualizzazione degli eventi in unità per lo meno triadiche. L'inconscio è il campo di inferenza scoperto dalla psicoanalisi, le  psicoterapie sistemiche hanno invece scoperto l' ermeneutica triadica.  Lo scopo principale dell’ermeneutica triadica è raccontare una nuova storia, senza restare imprigionati nelle vecchie narrazioni "saturate dal problema", secondo la felice definizione di  M. White, né cadere in un post-modernismo o relativismo estremi, per cui qualsiasi narrazione vale l’altra.

Da alcuni anni  è stato empiricamente dimostrato che la nostra “storia vissuta”  è costruita da trame per lo meno triadiche. Fivaz-Depeursinge e Corboz-Warnery (1999)hanno infatti dimostrato che già a tre mesi il bambino interagisce contemporaneamente con due partner: da un'età sorprendentemente precoce  il piccolo dell’uomo dispone quindi di una competenza interattiva triadica. Sono risultati di eccezionale rilevanza  perché suggeriscono che  quando i terapeuti sistemici,  con domande, commenti e reframing, stimolano i loro pazienti a rileggere i loro problemi entro schemi per lo meno triadici,  fanno appello ad intrecci che i pazienti conoscono, anche se non sanno di conoscere perché appartengono alla loro conoscenza tacita.  

 Ma siamo sicuri che gli schemi triadici appartengano alla conoscenza tacita e che le persone quando si tratta di spiegarsi gli eventi  ricorrano prevalentemente a schemi esplicativi monadici o al massimo diadici? Dobbiamo davvero pensare che ad esempio una ragazza che cerchi si spiegarsi come mai sua sorella sia diventata anoressica, attribuirà la patologia al rapporto difficile della sorella con il suo corpo (schema monadico) o  alla  relazione conflittuale con la mamma (schema diadico)?  In altri termini:

 L’ermeneutica triadica è davvero estranea al senso comune?

Per verificare questo interrogativo abbiamo  analizzato le spiegazioni fornite da 400 soggetti (studenti universitari) ad un comportamento inaspettato presentato attraverso 4 situazioni-stimolo in cui è stata manipolata l’ampiezza del campo di osservazione. I risultati dimostrano che le spiegazioni triadiche sono inconsuete, ma non del tutto estranee al senso comune e aumentano significativamente con l’allargamento del campo di osservazione dalla monade alla triade. È soprattutto la situazione-stimolo “triadica enigmatica” che – aggiungendo una discrepanza disorientante nel comportamento degli attori - sollecita una frequenza maggiore di spiegazioni triadiche. 

Per saperne di più: 

Ugazio, V., Fellin, L., Pennacchio, R., & Colciago, F. (2010).
L’ermeneutica triadica è davvero estranea al senso comune? Terapia familiare, 92, 31-54

Ugazio, V., Fellin, L., Pennacchio, R., Negri, A, & Colciago, F. (2012).
Is systemic thinking really extraneous to common sense? Journal of Family Therapy, 34(1), 53-71

Ma I pazienti in carne ed ossa come spiegano i propri sintomi e le relazioni entro cui sono coinvolti? Le loro spiegazioni sono davvero diverse da quelle dei loro terapeuti?

Per rispondere a questi interrogativi stiamo analizzando le spiegazioni che i pazienti forniscono nel corso delle sedute psicoterapeutiche  videoregistrate e trascritte rispetto a due aree: i sintomi e i comportamenti che riguardano una relazione significativa. 

Dai  primi risultati finora raccolti e elaborati (Pennacchio, 2011),  è emerso  che l’ermeneutica triadica sistemica sia inusuale per  le persone  anche in un contesto terapeutico. Come ci aspettavamo è il terapeuta a introdurre schemi esplicativi con campi di inferenza più ampi.  I pazienti sembrano inoltre utilizzare campi di inferenza più ristretti (monadici)  quando parlano dei loro sintomi di quando parlano di una relazione per loro importante.  

Per saperne di più:

  • Roberto Pennacchio (2011) Come i pazienti spiegano i propri sintomi? Le attribuzioni causali nella terapia sistemica,Quaderni di Psicologia Clinica,Bergamo: University Press, 2, pp.101-124.

Divergono pazienti e terapeuti anche sull’attribuzione delle intenzioni (cause versus ragioni)?

Abbiamo verificato sempre su trascritti di sedute psicoterapeutiche anche l’intenzionalità di pazienti e terapeuti e le differenze di entrambi quando i comportamenti   dei quali  viene inferita l’intenzionalità sono i sintomi o comportamenti psicopatologici connessi ai sintomi  oppure sono comportamenti relazionali.  

I dati emersi finora dimostrano che il terapeuta introduce più “ragioni” che “cause” rispetto al paziente. Inoltre soltanto il terapeuta spiega i sintomi introducendo  un’intenzionalità inconsapevole che restituisce al paziente un’agency e ai comportamenti un significato adattivo: da scatenati da forze misteriose e ignote, i sintomi diventano azioni intelligenti inconsapevoli.

Per saperne di più:

  • Lisa Fellin e Roberto Pennacchio (2011). Ermeneutica sistemica e intenzionalità nella conversazione terapeuticaQuaderni di Psicologia Clinica (vol.2, pp. XXX). Bergamo: University Press, 2, pp.131-153.

Che  strumenti sono stati utilizzati per questo programma di ricerca? 

Due: 1 to 3. From monad to triad  e il F.ex.  

Il 1 to 3. From monad to triad   è un sistema di codifica delle attribuzioni che abbiamo costruito noi per studiare una dimensione, ignorata dalla linea di ricerche sull’attribuzione e  resa importante dalle psicoterapie sistemiche: l’ampiezza del campo di inferenza. Questo strumento, di cui è stata verificata l’attendibilità, può essere utilizzato anche per testi complessi. E’ stato ad esempio applicato alla celebre autobiografia di John Perceval che Gregory Bateson ha ripubblicato con un suo saggio introduttivo da una tesi della Laurea magistrale in Psicologia clinica dell’Università di Bergamo.    

Per studiare l’intenzionalità è stato utilizzato una versione (parzialmente modificata per renderla idonea ai nostri obiettivi) del F.Ex lo strumento sviluppato da Bertrand Malle(2007) e di cui sono disponibili diverse versioni

Per chi volesse utilizzare questi strumenti o semplicemente saperne di più :

Ugazio V., Fellin L., Colciago F., Pennacchio R., & Negri A. (2008)
1 to 3: From the monad to the triad. A unitizing and coding manual for the fields of inference of causal explanations. TPM. Testing, Psychometrics, Methodology in Applied Psychology, 15(4), 171-192. 

Per chi è interessato ad approfondire il livello interattivo ed esplicativo triadico:

  • E. Fivaz-Depeursinge e A. Corboz-Warnery(1999), Il triangolo primario, Milano: Cortina, 2000
  • Harry Procter (2012). Developments in Personal and Relational Construct Psychology: Qualitative Grids and the Levels of Interpersonal Construing.In J.D. Raskin, S.K. Bridges, and J.S. Kahn (Eds.), Studies in Meaning 5: Dialogues and Diatribes in Constructivist Psychology, New York:  Pace University Press.

 

 

  

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